“Ucraina” guida alla mostra

8 novembre 2023 – 7 gennaio 2024

Una mostra al Memoriale della Shoah racconta il mondo offeso della guerra, e quello che le sopravvive, attraverso le foto di Stefano Rosselli, i testi di Massimo Recalcati e le musiche di Ferdinando Arnò. Cura di Maria Vittoria Baravelli.

L’amore, la quotidianità, i bambini. E i grandi sentimenti che rimangono intatti e indelebili nella memoria anche in tempo di guerra. A catturarli la fotografia, come privilegiato mezzo di comunicazione e al tempo stesso strumento capace di generare una coscienza collettiva su storie di vita lontane, così apparentemente distanti dal nostro vissuto.

 

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PERCHE’ IL MONDO NON SI ABITUI

di Maria Vittoria Baravelli

Certo non possiamo dare torto a Susan Sontag, scrittrice e filosofa, quando spiegava che non spetta a una fotografia l’arduo compito di rimediare alla nostra fatale ignoranza della Storia e delle cause delle sofferenze che essa individua e inquadra. Eppure, la fotografia si fa racconto di ciò che succede nel mondo, scatti che cercano di immortalare ciò che non vorremmo vedere mai, documenti fedeli di avvenimenti che ci rendono testimoni oculari, come se fossimo in piedi di fronte a quei fatti che sembravano lontani. Le immagini diventano messaggere di realtà che forzano la nostra volontà di sapere. È fondamentale, come affermava Nietzsche, dialogare con l’ombra, sia essa la nostra o quella che ci circonda. Sensibilizza e problematicizza il nostro rapporto con il dolore, con la guerra e con la violenza. Ciò che possiamo scegliere di fare è soffermarci sul valore etico di quello che guardiamo, non distrarci, non girare la testa dall’altra parte e non distogliere gli occhi dallo schermo o dal giornale, consapevoli che queste “superfici profonde” non si esauriscono nella loro bidimensionalità, ma raccontano le storie oltre lo scatto.

Stefano Rosselli ha passato quasi 100 giorni in Ucraina, in un paese straziato dal conflitto. La guerra distrugge. La guerra svuota. La guerra spacca e squarcia. La guerra frantuma. Lo dimostrano gli edifici spezzati, eloquenti quasi quando la carne martoriata dei reduci dei combattimenti e degli attentati. Le immagini documentano il dolore di quel mondo offeso e ci rendono testimoni oculari di eventi lontani. E non è solo lo scontro di eserciti, ma anche e soprattutto l’esistenza di migliaia di civili la cui normalità viene interrotta, le abitudini sovvertite in un mondo che infine si sdoppia. La vita di chi muore, e di chi vive.

La vita di chi spera che qualcosa all’orizzonte possa esistere. La mostra racconta i tanti volti della guerra, li setaccia e li documenta. Racconta dei civili e dei soldati. Di chi parte e di chi non ha più niente da perdere. Sono fotografie che, pur portandola inevitabilmente con sé, non indagano la morte, ma scelgono la vita di chi sopravvive e continua a vivere a contatto con la guerra. Un bacio a un corpo freddo. Un uomo che guarda fuori dalla finestra di un edificio sventrato. L’erba alta in un campetto di pallone, cresciuta perché lì hanno messo le mine. Ma anche un bambino che ha cercato di salvare il suo gatto e una mamma senza nome che nonostante i bombardamenti

all’orizzonte pettina fiduciosamente il figlio, come se non volesse farsi prendere alla sprovvista.

Ci si presenta spettinati ad un incontro?

No, soprattutto se l’incontro è con un sogno, con una speranza o con il futuro

GIORNI E ORARI D’APERURA

Da lunedì a domenica


10.00 - 16.00

Chiuso il venerdì



Sabato e domenica prenotazione molto consigliata, soprattutto per poter assicurarsi di partecipare a una visita guidata